Date: 02/04/2016 – 16/04/2016
Crediti: n. 16 crediti E.C.M.
Docente: Dott.ssa Lucia La Torre
Costo: Euro 200,00 (IVA inclusa)
Dei buoni amici dissero a mia madre che io ero triste, che mi avevano visto pensieroso.
Mia madre mi strinse a lei con un sospiro: “Tu sei così gioioso, sei sempre così canterino!
Come è possibile che tu ti lamenti di qualcosa?”.
Aveva ragione lei…. Mia madre continuava a dirmi che io ero il più felice dei ragazzini.
Come potevo io non crederle dato che questo era vero?
Jean-Paul Sartre
La progressiva espansione del paradigma relazionale che ha caratterizzato l’evoluzione del pensiero psicoanalitico degli ultimi decenni, ha implicato un sostanziale mutamento negli assunti teorici che concorrono a definire la natura dei disturbi psicologici e la loro eziologia, la teoria della personalità e la teoria della tecnica clinica, rispetto a quelli elaborati nel contesto del paradigma pulsionale/strutturale L’assunto fondamentale del modello classico è rappresentato dalla “teoria delle pulsioni”, manifestazioni della natura biologica dell’uomo che costituiscono la fonte motivazionale centrale della vita psichica, mentre i rapporti interpersonali sono considerati secondari in quanto “le relazioni con gli altri sono viste come derivazioni e destini delle pulsioni stesse” originariamente elaborato da Sigmund Freud.
Un decisivo passo verso il riconoscimento degli aspetti interattivi della relazione clinica è stato compiuto ad opera degli autori che si sono interessati dell’infant research: tema che riguarda le origini e i primi sviluppi dell’intersoggettività. L’approccio intersoggettivo è di grande rilevanza perché è strettamente connesso allo studio sull’evoluzione delle competenze comunicative e di regolazione emotiva del bambino e, in senso più ampio, allo studiosul primo sviluppo del Sé, considerato come risultante delle progressive esperienze intersoggettive tra il bambino e i suoi caregiver.
Per intersoggettività generalmente si intende la capacità di comprendere in modo immediato emozioni, desideri e intenzioni del prossimo e di condividere queste esperienze con altri.
Le ricerche segnalate testimoniano la potenziale forza della relazione, della comunicazione intenzionale implicita all’interno del setting, che diventa così il regno dell’implicito, del “non” detto, ma intuito riproponendo conseguentemente il vecchio e delicato problema relativo alla necessità di un costante monitoraggio del transfert e del controtransfert, dell’intersoggettivo e dell’intrapsichico.
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